E basta con 'sto fascismo by Daniele Capezzone

E basta con 'sto fascismo by Daniele Capezzone

autore:Daniele Capezzone [Capezzone, Daniele]
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2023-09-11T12:00:00+00:00


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La prima vittima sul campo? Il free speech. Ultime (anzi, penultime…) storie e tecniche di censura

Spesso, da ragazzo, ai tempi del ginnasio e del liceo, la mia piccola scrivania era un inferno di carte, appunti, libri, quaderni, con in mezzo un solo frangiflutti: un meraviglioso mattone dalla copertina rigidissima blu chiamato Rocci. Mi riferisco ovviamente al mastodontico vocabolario greco-italiano curato da Lorenzo Rocci.

Ecco, molti anni dopo, nelle situazioni in cui c’è qualcosa da chiarire, in cui un etimo può raccontarti non solo l’origine di una parola ma la genesi di un pensiero (e di un problema), tornare al Rocci mi pare ancora una delle migliori cose da fare.

Leggo a metà della colonna di sinistra della pagina 277 la definizione di asebeia, anzi ἀσέβεια: «Empietà, scelleratezza, irreligiosità». E, in senso neanche troppo figurato, una variante: «Lesa maestà». Poco sotto, passando dal sostantivo al verbo, mi chiarisce definitivamente il concetto la definizione di ἀσεβέω: «Sono empio, sacrilego; commetto empietà, sacrilegio, atti empi».

Mentre scrivo queste pagine, tra la primavera e l’estate del 2023, non riesco a trovare un modo più appropriato e direi fotografico per inquadrare il livello di indicibilità sacrilega che alcune parole hanno assunto, o – peggio ancora – di empia indegnità che viene attribuita ad alcune azioni o comportamenti dalla pseudo-religione woke. Ormai è così: se dici o fai una certa cosa, la tua non è più un’opinione, ma un atto di ἀσέβεια. Stai profanando qualcosa di sacro, ti stai attirando l’ira delle divinità politicamente corrette, ti stai collocando in un immondo e pericolosissimo ghetto di empietà.

Curiosa nemesi: il politicamente corretto nacque in ambiente universitario come accortezza per non offendere alcune categorie, mentre oggi (come si sa, la strada che porta all’inferno è lastricata di buone intenzioni…) è diventato una specie di potentissimo attrezzo che chiamerei offense-detector. Come il metal-detector, in aeroporto, rileva gli oggetti metallici o pericolosi, segnalandoli con un caratteristico suono, allo stesso modo l’offense-detector in dotazione ai guardiani woke esamina ogni singola parola, ogni singolo gesto, e – zac – individua istantaneamente ciò che deve far scattare l’offesa, la riprovazione, il dito puntato. Risultato? Anziché essere circoscritto e transennato, il perimetro dell’offesa si allarga a macchia d’olio. Di più: l’offesa (peggio: l’offendibilità) diventa la dimensione esistenziale in cui siamo chiamati a vivere.

Capite bene che, se ogni singola parola va scrutinata in modo così occhiuto e implacabile, la vera vittima di questa cerimonia sacrificale non potrà che essere il free speech. Scherzando ma non troppo, mi torna in mente una chiosa geniale che Marco Pannella amava aggiungere alla massima solitamente (ma forse erroneamente) attribuita a Voltaire: «Non condivido la tua idea, ma darei la vita affinché tu possa esprimerla». Oppure, variante: «Non condivido la tua idea, ma sono disposto a lottare fino alla morte affinché tu possa esprimerla». Un Pannella in splendida forma, quando doveva canzonare l’attitudine “tollerante” di un interlocutore, cioè quando dubitava della sincerità di quella tolleranza, citava la frase volterriana, e aggiungeva perfidamente dopo «darei la vita» un «ma non è chiaro la vita di chi…», oppure dopo «fino alla morte» un «ma non è chiaro la morte di chi».



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